Tra gli alimenti più amati e consumati dai popoli di tutto il mondo, il pane è certamente anche tra i più antichi, con una storia millenaria che ne tramanda i segreti di lavorazione di generazione in generazione.
La storia del pane comincia da un tempo lontanissimo: i libri di storia la fanno risalire al Neolitico ( o età della pietra nuova, levigata) e all’Età del Bronzo, e si parla quindi di qualche migliaio di anni prima di Cristo (dal IX al VII mill. a. C.).
Nei secoli sono stati poi rinvenuti reperti che collocano l’arte della panificazione nelle aree archeologiche dove si svilupparono le antiche civiltà della Mesopotamia, dell’Egitto, del Nord e del Centro Europa, in Grecia e in Italia .
Presso il popolo d’Israele, che attribuiva al pane importantissimi significati religiosi, la professione di fornaio godeva di grande prestigio ed ogni città aveva un forno pubblico adibito alla cottura dell’impasto. Dagli Egizi appresero a panificare anche i Greci, nel cui mondo l’idea del pane era strettamente legata a quella della fecondità della terra.
Anche nell’evoluzione delle varie religioni il pane ha sempre avuto un ruolo centrale: limitandosi a citare solo la Bibbia e quindi la religione cattolica, uno dei miracoli di Gesù più apprezzati fu la moltiplicazione dei pani e dei pesci, e il sacramento dell’eucarestia si basa sulla condivisione di pane e vino a memoria dell’ultima cena di Gesù 2000 anni fa.
Nel suo viaggio nella storia e nella geografia, il pane cambia ingredienti, forme e usi, attraversa rivolgimenti sociali e di costume, rimanendo però sempre centrale nella simbologia e nell’alimentazione delle culture mediterranee, contribuendo, di fatto, a creare quell’identità culinaria mediterranea.
Se è indubbio che oggi il pane, anche solo in riferimento a pochi decenni fa, non ha più il significato che aveva in passato, considerato bene primario simbolo di aggregazione familiare, è anche vero che continua ad essere immancabile sulle tavole italiane.
In generale, i consumi di pane degli italiani si sono praticamente dimezzati negli ultimi 10 anni ed hanno raggiunto il minimo storico con appena 85 grammi a testa al giorno per persona, ma si è verificata parallelamente una svolta nelle abitudini a tavola, con un crescente interesse per il pane biologico e, con l´aumento dei disturbi dell´alimentazione, la nascita di nuovi prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento (kamut, farro).
A sorpresa, inoltre, si assiste anche ad un ritorno al passato con oltre 16 milioni gli italiani che, anche se non quotidianamente, preparano il pane in casa: una bella abitudine che non andrebbe persa, anzi.
Il pane è uno dei cibi più semplici: è composto, infatti, da solo quattro ingredienti che altro non sono che acqua, farina, lievito e sale.
Anche la preparazione è un processo di una semplicità unica: si mescolano gli ingredienti, con un’aggiunta progressiva di acqua sulla farina in modo da ottenere una pasta (pasta di pane) elastica e omogenea.
Ci sono però numerosi trucchi e accorgimenti che aiutano ad ottenere un pane più buono e genuino.
Innanzitutto il lievito: il comune lievito chimico usa una serie di sostanze chimiche (tra i più comuni ci sono il bicarbonato di sodio ed il cremor tartaro), che, reagendo tra loro in presenza di calore, producono in maniera istantanea del gas (anidride carbonica) che rigonfierà l’impasto, espandendosi durante la cottura.
Ma le nostre nonne e i panettieri più esperti hanno sempre preferito il lievito madre, un ingrediente vivo ed un vero e proprio ecosistema in cui coesistono differenti famiglie di lieviti e batteri (batteri lattici), entrambi necessari per creare le condizioni ottimali alla reciproca riproduzione.
Essendo un ingrediente vivo, il Lievito Naturale deve essere nutrito in maniera regolare con acqua e farina, in modo da apportare le sostanze necessarie (acqua e zuccheri) al sostentamento ed alla riproduzione del lievito. Quest’operazione viene chiamata rinfresco e consiste in una prima fase di depurazione del lievito, attraverso un bagno in acqua a 38°C e nel successivo impasto con acqua e farina. Una volta pronto il lievito potrà essere conservato in acqua fresca fino al rinfresco successivo.
Preparare e curare il lievito madre richiede tempo ma l’attesa sarà ben ripagata da notevoli differenze a livello qualitativo ed aromatico nel prodotto cotto.
Ma è dietro movimenti semplici, come quello delle mani che impastano e una brocca che fa scendere acqua trasparente che si cela il segreto del pane.
Mai prendere alla cieca la classica farina 00 – di solito la più venduta – ma che si usa preferibilmente per fare i dolci. Si tratta infatti di preparazioni diverse che richiedono farine diverse: per fare il pane occorre una farina più “forte”. Per esprimere il valore della “forza” della farina viene utilizzata la sigla “W”, che nel caso della farina per il pane deve essere superiore al valore 180. Una buona farina da panificazione deve contenere almeno il 7% di glutine.
L’aggiunta dell’acqua fa in modo che glutenina e gliadina formino un robusto reticolo, dato da due tipi di legami chimici: il legame idrogeno e quello disolfuro. Di solito le due proteine hanno una forma piuttosto arrotolata, e tengono quasi legami per sé, ma l’impastamento le srotola, esponendo i legami e facendoli intrecciare tra loro.
Più nello specifico, il glutine ha bisogno di energia e tempo per svilupparsi, distendersi e poi intrecciarsi fino a divenire quella rete continua, impermeabile ai gas di lievitazione, responsabile della capacità del pane di levitare e gonfiarsi diventando leggero. L’energia viene fornita lavorando l’impasto e se il tempo impiegato non è sufficiente, la rete impermeabile non si forma, i gas di lievitazione fuoriescono e il pane resta denso e pesante.
In genere sono necessari circa 15 minuti di lavoro ma le prime volte potrebbe volerci anche il doppio del tempo.
Fondamentale anche la quantità di acqua: troppa acqua non permette una corretta lavorazione dell’impasto e, a meno che non si è molto bravi o dotati di ottime impastatrici, restituisce impasti fiacchi, difficili da formare, le forme conseguenti sono basse e larghe e si appiattiscono, le incisioni non si aprono, la mollica resta umida.
L’acqua deve avere poi una temperatura compresa tra i 21 e i 25 gradi per non ostacolare l’attività dei lieviti. Per un impasto ottimale si dovrebbe usare un’acqua dura con Ph variabile tra il 5 e il 6.
Tocca poi alla fermentazione: durante questa fase l’impasto prende forza e diviene in grado di trattenere meglio i gas di lievitazione e di mantenere meglio la forma data. La fermentazione è un processo che trasforma gli zuccheri in altri composti, tra cui l’anidride carbonica. Quest’ultima, sotto forma di bolle, “gonfia” il pane, rendendolo soffice.
Per attivare la lievitazione non bisogna mai mettere l’impasto in frigo, ma lasciarlo coperto con un canovaccio in una zona umida e calda della casa. Non esiste lievitazione veloce: ci vogliono almeno tre ore per far lievitare adeguatamente il pane.
Ed, anche se in pochi lo sanno, anche nel forno prosegue il processo di lievitazione: cuocere il pane in due fasi aiuta ad aumentare il volume del pane.
Bisogna quindi procedere all’inizio per una ventina di minuti alla temperatura massima (230 gradi), inserendo nel forno un pentolino di acqua che crei l’ambiente umido che favorisce la lievitazione del pane, e proseguire poi la cottura a una temperatura che si aggiri intorno ai 200 gradi.
Per la cottura i tempi oscillano tra i 30 e i 50 minuti e dipendono spesso dalla temperatura che il forno raggiunge o anche dalla grandezza della pagnotta di pane preparata.
Seguendo i nostri consigli vi verrà un buon pane? Probabilmente, al primo tentativo, no.
Come abbiamo detto all’inizio, quella della pianificazione è un’arte millenaria, da affinare con la pratica e con tanta pazienza, ma di certo alla fine il risultato finale, con un pane morbido, fragrante e genuino, ripagherà di tutta la fatica profusa.